Non ho particolari messaggi per questo World Health Day, la Giornata mondiale dedicata alla Salute. Non ho particolari messaggi perché mi trovo da mesi in una situazione di difficoltà: con il sistema ospedaliero e con il SSN, nell’ambito del mio percorso di accesso alle cure, in quanto persona con malattia rara. Non ho particolari messaggi perché non ho più molte parole. Ma mi sono rimasti i fatti.
I fatti sono che da mesi mi ritrovo da sola ad affrontare visite private, extra al mio percorso ospedaliero normalmente coperto da Servizio Sanitario Nazionale, per ricevere risposte e riuscire a definire un quadro alle manifestazioni che da mesi rendono la mia quotidianità più difficile. Ad oggi, non sono riuscita a effettuare in ospedale una risonanza magnetica di cui ho estremamente necessità, per valutare l’andamento della terapia in corso. Piuttosto, mi è stato suggerito di farla in un centro privato perché non c’è un “canale preferenziale” o “non è possibile fornire un appuntamento in tempi rapidi”.
I fatti sono che mi sono rivolta privatamente (e autonomamente) a un medico specialista, dopo mesi e mesi di richieste a vuoto di approfondimento, e giunta al mio limite di sopportazione del dolore cronico che avverto ogni giorno, ogni ora. E, pagando, ho ottenuto delle risposte. Da mesi, poi, dovrei fare degli esami specifici che riguardano la mia malattia, ma sono stata rimbalzata di mese in mese e, anche in questa occasione, mi sono rivolta privatamente per avere risposte. Ma anche certezze.
I fatti sono che quando chiedo al mio medico di base ricette specifiche, mi sento dire che non può o non è ammissibile. Perché le leggi tutelano il paziente, ma chi esercita la professione gode di facoltà propria.
E poi c’è la presa in carico di un paziente. Che costa, e gli ospedali ti presentano il conto – emotivo – della spesa a persona. Perché la sanità è per tutti, ma il bilancio grava su di te, anche se hai una malattia rara. Perché, anche se il riconoscimento delle malattie rare è a livello nazionale, la sanità è regionale. E “questo farmaco nel piano terapeutico non posso inserirlo” perché è fuori regione.
C’è ancora un altro fatto. E riguarda la crioconservazione degli ovociti, un diritto gratuito garantito anche per le donne e ragazze con malattia rara, ma sconosciuto. Perché l’informazione in materia di Procreazione Medicalmente Assistita in questo ambito è lasciata al caso. O, come spesso accade, al privato. Con donne e ragazze che improvvisamente devono scegliere tra la terapia e un futuro costoso. Quando invece non dovrebbe essere così.
Da paziente – di nome e di fatto – sono diventata la lobbista di me stessa, imparando a presentarmi e presentare in dieci minuti il mio resoconto di salute ai medici che incontro lungo il mio percorso ospedaliero. Perché finisce così, per chi le forze le ha ancora. E l’advocacy si fa, anche, individualmente.
Ecco. Non ho particolari messaggi per oggi. Ma fatti, beh, quelli tanti ancora da raccontare.
Ma vorrei non doverne raccontare più, perché in quel caso vorrebbe dire che il tanto esaltato approccio sistemico alla cura sarà stato garantito. A me, persona con malattia rara. E a tutte le persone che si rivolgono a un medico o frequentano gli ospedali.