
Purché se ne parli. Presumo – ma potrei anche presupporre male – che al quartier generale europeo, lassù a Palazzo Berlaymont (sede della Commissione europea), abbiano pensato a questo KPI (key performance indicator) quando hanno immaginato il video della Commissaria Hadja Lahbib per lanciare sui social la notizia della ‘Strategia europea per la preparazione e la reazione alle minacce e alle crisi emergenti’. Un lungo titolo per un lungo portafoglio.
Forse anche un po’ troppo serioso, rispetto alle cose più cult pop che maneggiano altri Commissari. Che voglio dire, il tempo di pronunciarla tutta questa strategia che probabilmente è scoppiata eccome un’emergenza. Ma signora mia, queste sono le traduzioni dall’inglese all’italiano, e questo ci dobbiamo tenere.
Forse l’avranno pensato pure loro, lassù al QG. Troppo lungo e poco pop, però comunque utile e necessario per la contemporaneità che ci circonda e che ci governa. In cui ogni due per tre ne succede una, e anche più di una: un terremoto, un’alluvione, un incendio, un’invasione di territorio.
Con queste condizioni emergenti, vuoi non avere una Strategia per sapere come affrontare e come reagire in queste possibili, e non più così remote, situazioni?
🤳🏻 E quindi, che non lo fai un what’s in my bag – survival edition per consigliare ai cittadini europei cosa mettere in borsa in caso di emergenza?
Dentro ci metti: un paio d’occhiali per vedere quello che succede (o per non vedere, perché occhio che non vede cuore che non duole); i documenti in una custodia waterproof per impedire all’acqua di bagnarli (e i fascicoli digitali muti), un coltellino svizzero (e le forbici dalla punta arrotondata), i farmaci (perché vabbè, dell’ibuprofene serve sempre), qualcosa da mangiare (niente all you can eat, mi disp) e dei soldi (ma pure l’oro che ti hanno regalato al battesimo va bene), un caricabatteria e un power bank (e poi tre buchi nella sabbia per attaccarci la presa), un mazzo di carte (per i tornei di briscola sotto la coperta termica), e una radio (perché Radio Maria prende ovunque e comunque, ora e sempre pro nobis).
Ora, non nego che messo così sembra un testo uscito da un corso di storytelling tragicocomico. Proprio perché, guardando il video, non sai se ridere o piangere o se fingere cinismo disinvolto, per istinto di sopravvivenza.
Ma proprio l’ambiguità dei contenuti e del contenitore ha generato reazioni favorevoli e contrarie. E questo, però, non è necessariamente un bene o un male in toto, quando si decide di comunicare pubblicamente.
Diventa un male, però, quando si innescano circuiti di polarizzazione che inevitabilmente offuscano il contenuto e il valore del messaggio stesso. E, di conseguenza, la missione del soggetto comunicante.
Per spiegarmi meglio. In una manciata di ore dalla pubblicazione, il video what’s in my bag della Commissaria Lahbib è diventato un caso-studio, dettato dalle conseguenze che l’effetto echo-chamber ha innescato, da Bruxelles verso l’Italia. La solita tiritera top-down.
L’effetto della echo-chamber (camera dell’eco) si innesca proprio nelle bolle – come lo è quella di Bruxelles, difatti – nelle quali si sviluppano idee e convinzioni via via sempre più amplificate o comunque rafforzate dalla ripetizione e da un certo tipo di comunicazione, e in ogni caso all’interno di un sistema definito. Gli effetti che producono non sono quasi mai positivi, anzi molto più spesso possono generare un boomerang e restituire al mittente il messaggio insieme al suo contenuto.
👎🏻 Con la Commissaria Lahbib è successo praticamente questo.
Ed è un peccato, considerato il peso del messaggio e il contenuto della Strategia. Ma il medium è il messaggio stesso – ci insegna McLuhan – e in questo caso né medium né messaggio sono piaciuti, (è sufficiente osservare i malumori online, su media e social).
Pur essendo io tra quelle (forse poche) persone che hanno apprezzato l’intento del video, c’è da dire che non è stato compreso e valorizzato nel merito della sua iniziativa.
🤨 Ma anche questo è un problema.
Un buon comunicatore sa, infatti, che una comunicazione deve essere chiara, concisa, rispettosa e adattabile e se mancano proprio questi criteri è raro, se non addirittura difficile, che si possa parlare di buona comunicazione. Ma a quel punto si parlerà solo di trasmissione del messaggio, lasciando libero spazio alla percezione e all’immaginazione individuale. Nell’ambito istituzionale, poi, anche agli attacchi politici. Una cosa da evitare, soprattutto quando il clima è già di per sé teso e caldo e quando nell’aria si respirano sentimenti di paura misti a nostalgia (alimentati quotidianamente da misinformazione e disinformazione).
Emergenze e crisi sono temi che possono potenzialmente smuovere le corde dell’irrazionale e, in quanto tali, esigono una comunicazione adatta al contesto, nei limiti del razionale e dell’inequivocabile.
Che altro non è che quel parametro da tenere in mente sempre e comunque in ogni piano editoriale (PED, per chi è del mestiere): il fuorigioco che può scattare quando hai superato la linea del pubblico gradimento, prima ancora di quella dell’algoritmo.
☝🏻 Pertanto, quello uscito fuori dal brainstorming di gruppo potrebbe non essere un buon contenuto, per lo meno non in tutto e per tutto.
Il metro di misura è la comprensione del messaggio.
Se per cogliere il significato del contenuto devo individuare il messaggio e sviscerare le buone intenzione di chi lo comunica, allora no: con molta probabilità non è stato il tuo contenuto top of the pop. Ma è stato più che altro un tentativo (riuscito, ma isolato) di rompere bolle e i confini, andare virale e arrivare così ai cittadini.
🫸🏻 Ma a quale prezzo?
Ho commentato con diverse persone questo video, sia online che offline.
I no-trend video hanno le loro buone ragioni di credere che l’atteggiamento della Commissaria Lahbib di tirare fuori da una borsa occhiali, carte da gioco e radio come se fosse la Mary Poppins del Berlaymont sia inappropriato, di cattivo gusto e soprattutto offensivo per chi ha già subìto condizioni simili a quelle d’emergenza elencate nel piano. E, in ogni caso, nell’ambito di una situazione globale in cui le crisi (e le guerre) non sono più uno scenario poi così assurdo.
I yes-trend video hanno anche, da parte loro, buone ragioni di credere che tutto sommato la Commissaria Lahbib abbia raggiunto l’obiettivo di far sapere ai cittadini che l’UE non è sprovveduta davanti a questi scenari, elabora piani e kit d’emergenza e racconta – con (seppure troppa) leggerezza – con i linguaggi dei social media un tema ostico e difficile, che si muove su un terreno in ogni caso scivoloso. Come la metti metti. Ma comunque per certi versi anonimo, tale da rischiare di non arrivare per niente al cittadino medio con il semplice appuntamento quotidiano di mezzogiorno con i giornalisti.
☝🏻 In mezzo a questi due fanclub, c’è la mezza misura
Che altro non è che quel parametro da tenere in mente sempre e comunque in ogni piano editoriale (PED, per chi è del mestiere): il fuorigioco che può scattare quando hai superato la linea del pubblico gradimento, prima ancora di quella dell’algoritmo.
🥶 La linea del cringe
Superata quella, scatta il fuorigioco. E lì non c’è VAR che tenga, ahimé: bisognerà incassare il colpo e fare bene al ritorno. Per lo meno, per scongiurare un minimo questi continui autogol. Ce lo auguriamo tutti, yes e no trend club.
Intanto, però, usciamo dalla bolla. E pure dalla eco-chamber.