
Ci voleva il Covid: quante volte e su tante cose lo abbiamo detto in questi mesi. E sembra assurdo che un virus, che ci ha costretti a fermarci, ci abbia fatto scoprire nuovi linguaggi e comportamenti. Tra lieviti madre e abbonamenti digitali, una delle prime cose che abbiamo appurato è quanto sia fondamentale la comunicazione: politica, istituzionale, aziendale, pubblica. Con il lockdown ci siamo adattati – seppur con difficoltà agli inizi – a nuovi linguaggi e strumenti: dalle “chiamate” siamo passati alle “videochiamate”, spesso lunghe e sempre di gruppo; abbiamo scoperto che le riunioni di lavoro possono essere tranquillamente fatte in videocall, abbattendo tempi morti e senza affrontare lo stress di traffico e mezzi pubblici. Ci siamo abituati a webinar e dirette e abbiamo imparato le nuove regole dello stare online (no a videocamere spente). E abbiamo scoperto che lo smart working non è quell’antipatica modalità di lavoro che ci hanno raccontato in questi anni e che, dopotutto, non è poi così male.
Ecco perché, con questo spirito di cambiamento, ho deciso di dare vita a La Stanza di ZITA!: un ciclo di interviste per parlare insieme a professionisti, esperti, colleghi di comunicazione. In questa prima puntata ho avuto il piacere di fare due chiacchiere nella mia stanza virtuale con Benedetto Gerbasio, Digital Strategist e ideatore e fondatore di StrateCo, l’evento sulle strategie e tecniche di comunicazione.
Ciao Benedetto e grazie per essere con me nella mia stanza virtuale. Anche quest’anno Firenze, nonostante il Covid-19, ha fatto da cornice all’evento di cui sei ideatore e fondatore: “StrateCo, chi non comunica scompare”. Ti faranno tutti questa domanda e te la faccio anche io: perché questo claim?
«In realtà chi non comunica scompare è una provocazione: nella società di oggi per come va il tempo, per come si commentano le notizie e per come si gestisce il quotidiano chi non comunica scompare, cioè l’unico modo che hai per essere visibile è comunicare. È più che altro una domanda un po’ provocatoria e mi è piaciuto sempre legare “chi non comunica scompare” a StrateCo. Un politico oggi se non comunica scompare. E l’unico modo per non scomparire dalla scena pubblica, privata o imprenditoriale è comunicare».
In questa settima edizione con l’annullamento e il ridimensionamento di alcuni eventi hai avvertito qualcosa di diverso nell’evento?
«La cosa che più mi ha fatto male è quella di aver dovuto lasciare fuori centinaia di persone e il diverso è stato proprio questo: non poter dare alle persone presenti la libertà di seguire un evento in maniera tranquilla. Le regole rigide – che giustamente ci devono essere – hanno comunque influenzato la “leggerezza” dell’evento ed è proprio la leggerezza ad essermi mancata perché è una cosa che fa parte del mio stile di vita. Un’altra cosa che mi è mancata è stato il non poter dare, alle persone che hanno partecipato all’evento, il contatto con l’ospite perché non ho mai creato veli: ho sempre voluto che non ci fosse nessun filtro tra ospite e pubblico. Però ho visto il bicchiere mezzo pieno: StrateCo è stato il primo evento pubblico fatto nella città di Firenze, è stato un momento per rilanciare un po’ tutto, soprattutto la parte culturale».
E qual è il momento che più di tutti ti ha emozionato quest’anno?
«Visto che sono un romantico ottocentesco, la parte che mi ha emozionato di più è stata inevitabilmente quando Diodato ha preso la chitarra e ha cantato “Fai rumore”: c’è una cosa che non è banale ed è l’acustica del Salone dei Cinquecento, che rimbomba, e se hai un artista che ha una voce come lui, lì più che un rumore diventa un’emozione. Quel “Fai rumore” ha fatto veramente rumore, sia nel cuore sia nelle emozioni delle persone».
Ci serviva un po’ di rumore, dopotutto… Passiamo alla politica. Secondo te durante il Covid è cambiata la comunicazione dei partiti?
«La comunicazione nazionale durante il lockdown è stata più “al servizio” delle persone, ma forse la comunicazione politica non è cambiata. C’è forse stata più attenzione verso le proprie città e Regioni, si parlava di contenuti reali perché il problema era reale. Per quanto riguarda la comunicazione nazionale, lì non me la sento di dire che sia migliorata: non si perdeva occasione [durante il lockdown; ndr] per accaparrarsi qualche like in più o qualche situazione su ogni piccolo errore o piccola notizia. Questo senso di unità non c’è stato, anzi. C’è stato forse per una settimana, quella cruciale durante la quale veramente la paura era tanta, però appena abbiamo riaperto non si è capito niente».
E quindi nulla di nuovo…
«Come può migliorare la comunicazione politica se fai una task force solamente di uomini e la annunci come se avessi fatto un grande esperimento di 450 esperti tutti uomini? Per me anche la forma è comunicazione e in quella forma, che trovo priva e incomprensibile, non puoi comunicare [la task force; ndr] come un successo: per me è un insuccesso che in quella forma non ci siano donne. La donna per me non è solo un sesso e quando usciremo da questo abisso non sarà mai troppo tardi».
Sfondi una porta aperta sul tema donne. Ma voglio chiederti: che ruolo dai ai social media nella comunicazione politica e in una strategia politica?
«In una campagna elettorale oggi la stampa è ancora importante e io credo ancora nel 6×3. L’importanza che do ai social media nella comunicazione è centrale: se oggi i mezzi di comunicazione più efficaci e soprattutto più frequentati sono i social media è inevitabile che ci sia un adattamento anche della politica. Quando apri una home [dei social; ndr] è un continuo di informazioni e notizie, ma non vedo molti contenuti: la politica sui social è principalmente una narrazione attorno a quello che le persone vogliono sentirsi dire, è sopravvivenza, perciò penso che pochi facciano comunicazione social, a un certo livello. I social media sono importanti nella comunicazione politica, però non sono esaustivi».
Ma vedi un cambiamento in qualche modo?
«Ma in pochi anni è cambiato tutto, in negativo: oggi il politico è un giornalista che commenta tutti i fatti, anche quelli che non lo riguardano e il giornalista oggi si ritrova a rincorrere perché il politico si sente “in obbligo” di commentare tutto quello che accade nella cronaca e nel quotidiano».
E di politici che rincorrono ne vediamo molti. Vorrei chiederti una tua opinione su un possibile scenario dei prossimi mesi. Con il referendum per il taglio dei parlamentari cambia qualcosa in Italia secondo te?
«La storia dei referendum in Italia non lascia con la pancia piena, nel senso che tutti coloro che hanno indetto dei referendum alla fine ne sono usciti abbastanza sconfitti. Ma, soprattutto, credo che abbinare questo referendum alle Regionali e comunali non è un buon segno: mentre siamo chiamati per votare una classe politica [regionale e comunale; ndr], ci chiedono nello stesso giorno di tagliare la politica. Credo che sarà semplicemente una trovata elettorale del Movimento 5 Stelle, senza neanche crederci sopra. Questi tagli non funzionano in Italia e al di là dell’esito credo che lo scenario resterà lo stesso e che Conte continuerà ad essere premier fino all’elezione del nuovo Presidente della Repubblica».
Non ci resta che aspettare, insomma…
Tornando di nuovo alla tua passione per la musica (e di recente sei anche stato a un concerto di Brunori Sas in Valle D’Aosta, a 1633 mt di altitudine), mi descriveresti a parole tue quello che per te è il legame tra musica, arte e comunicazione?
«Io mi definisco sempre una somma di piccole cose, dal titolo della canzone di Niccolò Fabi, e penso che la mia vita sia una somma di piccole esperienze, emozioni e vissuti: questi tre elementi messi insieme sono parte integrante del mio voler raccontare agli altri, attraverso la musica, quello che accade. E StrateCo è nato anche per questo: raccontare la comunicazione o il nostro tempo attraverso la visione di artisti o musicisti, non per forza attraverso la politica. Partendo da questo presupposto, credo che la musica, l’arte e la comunicazione insieme, oltre ad essere l’epicentro quotidiano di una narrazione e di emozioni, siano una somma di piccole cose, ma come quando dici “fai attenzione alle piccole cose”: quelle cose non sono piccole, ma sono sempre grandi».
Davvero bello quello che hai detto. E io ti ringrazio molto per aver chiuso questa chiacchierata con questa riflessione non da poco. A presto!