Con il suo discorso al Senato Mario Draghi ha messo un punto definitivo alla spettacolarizzazione della politica, quella a cui ci avevano – tristemente – abituati i due governi precedenti, nelle mani e nella voce di un unico Conte.
Il discorso di Draghi – scritto quasi interamente da lui – cambia registro alla comunicazione istituzionale in Italia: basta con gli slogan – e finalmente, dico. Con Draghi la politica si misura ora sull’autorevolezza delle parole, dei toni e dei temi scelti con accuratezza e prospettiva, due elementi che da sempre contraddistinguono il linguaggio dell’ex presidente della BCE. Politiche attive del lavoro, parità di genere, turismo, investimenti, ambiente, digitalizzazione, infrastrutture, riforme, Next Generation EU: un discorso di coesione, strutturato e concreto, in cui Draghi non polemizza, ma imposta programmazione e unità, quello che serve adesso all’Italia e che scandisce con i dovuti toni e consapevole leadership – di chi sa di averla -, ma comunque umanizzata di fronte all’impegno e alle responsabilità che gli deriveranno da questo momento in poi come Presidente del Consiglio.
Nel suo intervento Draghi non dimentica le donne – in un passaggio comunque criticato da molti – sottolineando l’importanza di voler creare un sistema di welfare che permetta alle donne di dedicare alla “carriera le stesse energie degli uomini, superando la scelta tra famiglia o lavoro”. Lasciatemi dire che preferisco un Presidente del Consiglio che afferma di voler lavorare con criterio sull’equilibrio di genere, piuttosto che i tanti leader (della sinistra) che giocano al contentino di sottosegretarie e viceministre.
In pieno stile Draghi, l’ex presidente della BCE ha inoltre rivolto un monito alla sua generazione, troppo distante dalle preoccupazioni che costellano noi giovani, ovvero io e voi che leggete queste righe. Ne abbiamo viste tante e ne subiamo, di anno in anno, molte di più e la pandemia non ha fatto altro che amplificare angosce e insicurezze. “Ogni spreco oggi è un torto che facciamo alle prossime generazioni”, ha detto Draghi: una preoccupazione reale e un invito al riguardo da tenere in questi mesi in cui la ripresa dovrà necessariamente essere accompagnata dalla prospettiva, quella stessa che ha governato il suo intervento.
I livelli su cui lavorare per la ripresa e la ripartenza dell’Italia – europeista e atlantista – sono indubbiamente diversi e tutti importanti. Ma che non sia proprio l’invito a lavorare per il futuro di noi giovani il nuovo whatever it takes? “Vogliamo lasciare un buon pianeta, non solo una buona moneta”: proprio qui, dove si legge giovani generazioni, futuro e possibilità.
Buon lavoro Presidente!