I gap strutturali e le difficoltà con cui l’Unione Europea ha a che fare oggi sono il risultato di progetti incompleti (o a volte bocciati sul nascere) che hanno provocato i continui stop&go a cui ci siamo tristemente abituati, dentro e fuori dai Consigli europei. Gli stessi che, durante la crisi del 2010, si sono sommati a quella che allora si è dimostrata una governance economica inadeguata ed inefficiente e che si è tradotta in austerity e in una totale assenza di leaderhip politica europea.
Il rapporto tra Stati membri e istituzioni è uno dei problemi che l’UE deve affrontare e per trovare una sintesi condivisa è necessario considerare innanzitutto atteggiamenti dei leader degli Stati e priorità delle istituzioni. L’egoismo degli Stati, che confluisce nelle riunioni dei Capi di Stato e di governo in Consiglio europeo, ha avviato sia una depoliticizzazione dell’UE che una estrema politicizzazione del Consiglio che, dalla crisi dell’Eurozona in poi, ha acquisito sempre più peso indebolendo il dialogo con le altre due istituzioni. Con questi processi, anziché definire i temi dell’agenda-setting europei, i leader degli Stati hanno politicizzato i temi nazionali nel disperato tentativo di trasferire la sovranità e gli interessi nazionali a Bruxelles. Compromettendo in questo modo il ruolo e il peso delle istituzioni, che hanno difficoltà a volta a dialogare tra di loro, oltre a generare una dispersione delle decisioni. E restituendo, purtroppo, l’immagine poco convinta di un’Unione Europea che viaggia su due binari separati: l’Europa delle istituzioni (Commissione, Consiglio e Parlamento) e un’Europa degli Stati membri (che compongono l’UE, ma non sono l’UE).
Mi occupo di comunicazione con i suoi annessi e connessi, ma è più divertente dire che faccio accadere cose. Europeista convinta, sono specializzata in Sociologia dell’integrazione europea. Ho scritto un ebook sulla comunicazione politica in Italia e un saggio sulla leadership di Mario Draghi. Mi piace il mare e fare colazione al bar in compagnia.
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