Che cosa ha detto Mario Draghi in Senato nel giorno del voto di fiducia sulla crisi di governo

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Ancora una volta Mario Draghi colleziona applausi, standing ovation e soprattutto consenso nella meraviglia di chi – sempre ancora una volta – ne commenta estasiato il carattere di leader politico tout court. Nel giorno delle comunicazioni al Senato sulla crisi di governo, Mario Draghi si presenta pragmatico e concreto nel suo discorso, severo di fronte a quelle forze politiche che in queste ultime settimane hanno giocato al chi la dura la vince in pieno delirio d’onnipotenza. Ad ogni modo, il presidente del Consiglio si è rivolto agli scranni del Senato (e ai cittadini) con in capo la retorica che già dai tempi del whatever it takes, quando si trovava alla guida della Banca Centrale Europea (BCE), lo contraddistingue nel panorama europeo e internazionale.

Il linguaggio di Draghi è pragmatico, una prerogativa che ne fa un presidente del Consiglio dallo stile performativo, evocativo e simbolico che gli valgono la qualità di ricorrere a un pizzico di neutrale populismo, nella logica della richiesta che viene dal basso dai cittadini, ripresa da Draghi nel riferimento alle manifestazioni di supporto arrivate dalle stesse comunità locali. Nell’esercizio di persuasione che svolge durante il suo discorso, si rivolge ai parlamentari attraverso un uso legittimante del linguaggio, elaborato per rafforzare l’identità degli italiani – verso i quali gli stessi senatori e deputati sono responsabili – per costruire “un nuovo patto di fiducia, sincero e concreto”.

In più passaggi, Draghi sfrutta gli strumenti della comunicazione politica per ri-costruire e mettersi in relazione con gli interlocutori: non parla solo alle forze politiche che da sempre lo appoggiano, ma parla anche ai cittadini, alle comunità locali, ai partner europei, a tutto il sistema-Paese. Parla alle forze di opposizione che in questi mesi hanno tentato di strizzare l’occhio all’altra parte della storia. La dimensione del discorso si colloca dunque nella continuità tra linguaggio politico, potere costituente e prassi istituzionale nel richiamo a un “sostegno convinto all’azione dell’esecutivo” e a “un Parlamento che lo accompagni [il Governo] con convinzione, nel reciproco rispetto dei ruoli”. Ed è in questo senso che il posizionamento di Draghi evolve nel rivolgersi alle Camere nello schema costruito per legittimare, orientare e persuadere al fine di risolvere i conflitti: quello che prima era apparente sentiment percepito nei sondaggi di opinione, oggi è politica tout court. Nero su bianco, in Parlamento.

Per la prima volta da quando siede a Palazzo Chigi, il presidente Draghi ha alzato i toni nel rivolgersi agli inquilini delle Camere. Per gli osservatori appassionati di palazzo, l’idea che l’attuale presidente del Consiglio dei ministri – che molto spesso ha parlato per mezzo dei suoi silenzi, più che delle sue parole – faccia sentire la sua voce è fuori dalle logiche e dalle prerogative cui lo stesso Draghi ci ha abituati. In questi mesi, con la sua prova di leadership, ha fatto ricredere in molti tra gli spettatori meravigliati che frequentano le strade attorno a Chigi, Madama e Montecitorio. Eppure, basterebbe uscire fuori dai confini nazionali cui siamo assuefatti (e forse troppo affezionati) per comprendere – se non anticipare, quando possibile – i pensieri del presidente Draghi. Basterebbe rivedere le posizioni assertive e gli schemi con cui ha trainato l’Eurozona fuori dalla crisi o basterebbe anche solo studiare il cambio di communication policy che la BCE ha operato sotto il suo mandato. Basterebbe già solo questo. Ma per i più scettici e meno propensi a guardare oltre l’obelisco di Piazza Colonna, sarebbe anche solo sufficiente leggere le righe persuasive e performative che richiamano alla ricostruzione di un “patto” e al senso più alto delle istituzioni: da una parte il “significato evidente” della mancata fiducia a un governo quale “gesto politico chiaro” e la solennità del ruolo del Parlamento, usurpato da continui giocoforza di “strappi e ultimatum”.

E mentre in queste ore si paventano sullo sfondo gli scenari più duri, dalle dimissioni irrevocabili allo scioglimento delle Camere in capo al presidente della Repubblica Mattarella, le comunicazioni del presidente Draghi al Senato ne confermano la leadership attiva: la personalità di un leader orientato al risultato, in grado di inserirsi nei processi politici e di governarli. Qualcuno direbbe tecnopopulismo. Io dico semplicemente stile Draghi.  

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Elania Zito
Elania Zito

Sono Elania e sono una Digital Communication & PR Strategist. Sono specializzata in comunicazione e linguaggi, in particolare in comunicazione europea e integrazione europea. Racconto l’Europa fuori dalla bolla con la mia newsletter Bubble e il podcast settimanale UEcup!, ho un Dottorato di Ricerca in Studi Politici e lavoro principalmente con Bruxelles. Ho scritto “La comunicazione politica in Italia” e un saggio sulla leadership di Mario Draghi.

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